Avevo acquistato questo libro convinto che parlasse di Sicilia, antimafia, e degrado della stessa. Dopo le prime pagine ho capito di essermi sbagliato, visto che si tratta essenzialmente di un libro su Attilio Bolzoni, su quant'è bravo Bolzoni, su quant'è intelligente Bolzoni, su quant'è coraggioso Bolzoni, su come Bolzoni avesse visto lungo quando ha deciso di occuparsi di certi problemi, ecc. ecc. Ah, il libro è scritto da Attilio Bolzoni.

En passant, fra le rocambolesche avventure di Bolzoni, vengono toccati alcuni temi, e raccontate alcune storie che hanno un'interesse più ampio. In particolare si parla effettivamente di come la "militanza" antimafiosa sia purtroppo stata surrettiziamente usata, anzi, abusata, per coprire un sistema di potere a carattere chiaramente mafioso, che, ancorché plausibilmente meno violento di quello in auge in Sicilia degli anni '80, ha corrotto profondamente la vita pubblica dell'isola.

Il personaggio di questa vicenda su cui Bolzoni si concentra, personaggio che ogni tanto Bolzoni lascia intravedere fra gli episodi del libro che parlano di Bolzoni, è il nisseno Antonello Montante, passato dalla presidenza di Confindustria alle patrie galere. Non vi è dubbio che la parabola di Montante, e le sue relazioni col potere politico locale e nazionale, siano interessanti per capire come si sono evoluti i meccanismi del potere in Sicilia nell'ultimo decennio. La narrazione non lascia alcun dubbio che l'antimafia, e l'associazionismo che intorno all'antimafia in Sicilia ha prosperato, siano diventati un modo di legittimare modi di operare in molti casi tutt'altro che trasparenti o corretti (quando non apertamente criminali). E ciò è cosa ben triste (non ultimo per coloro che invece alla mafia si sono opposti e si oppongono ogni giorno, senza per questo richiedere patenti specifiche), e foriera di sventure per la Sicilia.

Gli episodi relativi alla vicenda Montante fanno riflettere su come l'attribuzione dell'appellazione antimafiosa, che sia essa autoattribuita, o, ancor meglio, il risultato di un pubblico riconoscimento, renda intoccabili. Chi può mai osare criticare qualcuno che "fa antimafia", qualsiasi cosa ciò voglia dire? Quale amministratore locale può rifiutare un finanziamento ad un'associazione antimafia? Il risultato è da un lato la copertura perfetta per chi, protetto da una patente di "antimafioso", si dedica a traffici tutt'altro che limpidi (in particolare con denaro pubblico), dall'altro il proliferare di associazioni grandi e piccole, anch'esse nutrite da un flusso di denaro pubblico, la cui utilità è spesso poco chiara.

A questo proposito è interessante vedere come il protagonista del libro (Bolzoni, nel caso vi fosse sfuggito) dichiara che vi è stata un'eccezione alla propria lungimiranza e chiarezza di visione (che visibilmente per il resto rasenta l'infallibilità), a proposito appunto delle qualità di quel Luigi Ciotti che gestisce l'associazione Libera.

Il lettore del presente volume che non hai mai avuto interesse nella materia potrebbe avere l'impressione che Bolzoni sia il primo a rendersi conto del problema. In realtà la strumentalizzazione dell'antimafia è da parecchio tempo argomento di discussione fra chi di questi problemi si interessa. Numerosi articoli di stampa e non pochi libri negli ultimi anni hanno, negli ultimi anni, messo in evidenza e discusso questo pericolo. In realtà la storia è tutt'altro che nuova, e a questo proposito è quasi de rigueur citare il celebre articolo sui rischi dell'uso e dell'abuso dei meriti antimafia di Leonardo Sciascia, pubblicato sul Corriere della Sera nel 1987, sotto l'infelice titolo redazionale "I professionisti dell'antimafia". Sciascia (sono tentato di dire "come sempre") ci aveva visto lungo, e il suo è un articolo lungimirante e lucido (in questo caso, davvero), che fu purtroppo usato in mala fede, come un'arma, ma che diceva delle cose, a mio modesto avviso, sagge. La novità del libro qui discusso, rispetto a pubblicazioni precedenti, è l'attenzione al personaggio Montante, alle sue amicizie e operazioni, interesse probabilmente in parte legato alle comuni origine nissene fra Montante e Bolzoni, che ha dato accesso all'autore a fonti più difficilmente accessibili a chi magari non conosce bene la vita della città.

Il lettore non interessato alla vita di Bolzoni e alle sue rocambolesche avventure, e che voglia leggere dell'evoluzione e della perversione dell'antimafia in Sicilia può tranquillamente saltare gran parte delle pagine del libro. Un buon "editor" avrebbe tranquillamente potuto ridurre il libro alla metà, senza tagliare nulla di rilevante o interessante – eccetto che per il pubblico, che stimo piuttosto ridotto, interessato all'agiografia bolzoniana.