Sono, personalmente, un convinto europeista, e credo che l'unico destino possibile verso un futuro migliore per l'Europa passi attraverso una crescente cooperazione. A fronte delle dinamiche ad esempio dei paesi asiatici, credo sia assolutamente velleitario pensare che anche i paesi più ricchi d'Europa possano giocare un ruolo di rilievo, da soli, sulla scena mondiale. Allo stesso tempo, per quanto fortemente io creda nell'ideale europeista, ogni visita alla commissione europea a Bruxelles riesce a far vacillare la mia fede. Ci si trova immersi in una burocrazia complessa, autoreferenziale, nutrita da giochi di potere spesso irrilevanti rispetto ai destini dell'Europa. Si tratta certamente di difetti comuni a molte istituzioni burocratiche, ma la burocrazia europea ha delle caratteristiche proprie, autonome, peculiari, dovute forse in gran parte alla difficoltà del far lavorare insieme tante culture diverse fra loro. In questo senso la burocrazia di Bruxelles rappresenta anzi un grande successo, in quanto la diversità culturale non impedisce di raggiungere risultati comuni, anche se indubbiamente richiede sforzi addizionali rispetto ad un sistema "monoculturale".

Pur essendo un mondo che influenza quindi il destino delle centinaia di milioni di cittadini europei, quello di Bruxelles è un mondo de facto sconosciuto alla maggioranza del grande pubblico europeo. La stampa ed i giornali presentano spesso "Bruxelles" come un monolite, oppure, specie in Italia, come una semplice camera di compensazione di interessi nazionali o di interessi di grandi lobby economiche. La realtà è molto più complessa, con dinamiche non sempre lineari fra le varie istituzioni coinvolte, e fra i partecipanti spesso animati da personali ambizioni di carriera.

Da questo punto di vista sono quindi stato contento di vedere apparire un raro romanzo ambientato non solo a Bruxelles, ma negli ambienti interni, e circostanti, la commissione europea. L'autore non è solo un romanziere, ma anche un saggista che ha in precedenza scritto sulla commissione europea, e quindi la conosce bene.

Il risultato è ben lungi dall'essere un capolavoro, la trama è inutilmente complessa e l'elemento "noir complottista" è ridondante rispetto al resto del libro. Allo stesso tempo però il libro offre al lettore che non conosca per nulla la commissione europea "dal di dentro" uno spaccato che illustra bene le dinamiche all'interno dell'istituzione. Per chi conosce l'istituzione i meccanismi descritti sono riconoscibilissimi, veri fino alla parodia, il che ovviamente rende più godibile la lettura (inevitabile il piacere del "riconoscere", quando si legge un romanzo con un'ambientazione "familiare"). Temo forse che il lettore che poco o nulla sa della commissione possa non comprendere (almeno non appieno) parecchi dei riferimenti, e, chissà, forse un breve glossario, o nota esplicativa, sarebbe stata non inutile.

In definitiva, una lettura piacevole ancorché lungi dall'essere "alta letteratura", la cui ambientazione, non foss'altro che per l'importanza che ha per il nostro destino di europei, possa essere presa ad esempio da altri autori sperabilmente meglio dotati dal punto di vista letterario.