La fortuna popolare delle "Quattro stagioni" Vivaldi ha certamente reso il nome del compositore familiare al grande pubblico "globale", al punto forse di costituire un ostacolo alla conoscenza più ampia della sua opera, vasta, complessa e affascinante. Il sottoscritto ama Vivaldi da tempo, apprezzandone , tanto e forse più delle sue composizioni orchestrali, la musica vocale, sia sacra che profana. Non sapevo però che grandissima parte dell'opus vivaldiana è rimasta per secoli sepolta nella biblioteca di famiglie aristocratiche più o meno decadute, e che ha rischiato di non veder mai la luce.

L'autore di questo leggibilissimo libro racconta appunto la storia, l'itinerario attraverso i secoli, dei manoscritti di Vivaldi, di come hanno rischiato di sparire nel nulla, e di come sono stati ritrovati e da chi. Sin dall'inizio della lettura la competenza dell'autore in materia "vivaldiana" è evidente al lettore: il testo si muove con grande agilità e sicurezza su itinerari e storici e musicologici, dando al lettore l'opportunità di seguire l'affascinante percorso di un enorme patrimonio musicale che ha rischiato di andar perduto.

Quello che però rende questo libro particolarissimo, e fruibilissimo, è che questa materia, potenzialmente oggetto di dotte dissertazioni e grande erudizione, è trattata con deliziosa leggerezza e grande (e fine) senso dell'umorismo. Il linguaggio e il registro narrativo coniugano un umorismo contemporaneo con un abile interpretazione dell'ambientazione che passa dall'epoca vivaldiana fino al periodo fascista, in ogni momento con una lingua adatta e allo stesso tempo leggera. L'umorismo che pervade il testo ne rende la lettura divertente, ancorché alquanto istruttiva. Le note di copertina rivelano che l'autore del libro scrive anche regolarmente per il "Vernacoliere", istituzione livornese basata su un umorismo spesso sboccato ma (quasi) sempre intelligente. È però raro trovare unite nella stessa persona (e di conseguenza nello stesso testo) una tale erudizione (in questo caso relativa alla materia vivaldiana) e una capacità di scrivere con un sincero senso dell'umorismo. La combinazione risultante ha tratti che ho trovato quasi unici -- e non perché non abbia letto altri esperimenti di tal genere. Purtroppo però, troppo spesso, è facile che il risultato cada nel grottesco. Non in questo caso, in cui l'equilibrio narrativo è mantenuto attraverso tutto il testo, e l'autore ha la capacità di adottare un registro narrativo sobrio e serio quando la narrazione tocca momenti difficili della storia nazionale.

In conclusione, un libro che chiunque abbia ascoltato con piacere la musica di Vivaldi dovrebbe leggere -- e che rimane piacevolissimo anche per chi non sa chi sia Vivaldi ;-) E, visto che il salmo "Beatus vir", messo in musica da Vivaldi, fa un po' da "leitmotif" del libro, se non lo conoscete è un'ottima scusa (o occasione!) per conoscere un po' la splendida produzione vocale di Vivaldi.