La paura dell'abbandono è profonda, e connaturata all'essere umano, e al concetto stesso di affetti. Essere abbandonati dalle persone che si amano e da cui ci si sente amati è una delle paure primordiali, che, più di tutti, ovviamente tocca i bambini, come paura dell'abbandono da parte dei genitori.

E la protagonista del libro viene abbandonata da coloro che credeva essere i propri genitori, per essere "riconsegnata", come fosse un oggetto, ai propri veri genitori, genitori biologici, di cui non sospettava neanche l'esistenza. Attraverso gli occhi della giovane voce narrante, pre-adolescente, viviamo il trauma di quest'abbandono, la sfida del dover riadattarsi alla propria famiglia biologica, povera e di un livello socioculturale molto meno facile rispetto alla famiglia in cui la stessa è cresciuta e a cui credeva di appartenere.

Ed è sempre attraverso gli occhi della protagonista che il lettore viene condotto, lentamente, nell'evoluzione e nella crescita del giudizio, anche morale, da parte di una bimba per cui all'inizio è tutto bianco o nero, per cui l'abbandono è giustificabile e comprensibile solo attraverso un'immaginaria tragedia ("mia madre è morta"). E invece, man mano che scopre le categorie morali più complesse della realtà, della fallibilità umana, in cui anche coloro che appaiono, specialmente agli occhi di un bimbo, perfetti, interiorizza che tutti hanno le proprie debolezze, fallibilità. E che invece anche coloro che sembrano o sono abbrutiti dalla povertà e dalla fatica hanno una propria ricchezza interiore. La simpatia dell'autrice per "gli ultimi", per "gli esclusi" è evidente, ma mai questa trasforma il libro in un pamphlet sociale, anzi, vi è la coscienza che a volte, spesso, la povertà tira fuori il peggio delle persone.

Nella nuova famiglia la protagonista, fino ad allora figlia unica un po' viziata, scopre numerosi fratelli, due dei quali spiccano, nella narrazione, per il proprio carattere, e per il ruolo che hanno nel permettere alla giovane protagonista di sopravvivere nella nuova situazione. Una situazione in cui tutti i suoi punti di riferimento, anche etici, sembrano aver perso valore.

La capacità di portare con sé il lettore, per mano, fino al bordo dell'abisso, più di una volta, unita ad una scrittura sobria ma allo stesso tempo ricca, rende L'Arminuta una lettura coinvolgente, anche se la capacità dell'autrice di far sentire al lettore la paura dell'abbandono fa sí che non sia sempre una lettura leggera.

In sintesi, una voce relativamente nuova, ed originale, della letteratura italiana, che possiamo solo sperare che in futuro si impegni in altre prove con risultati paragonabili.