In questo periodo di panificazione casalinga, ho, come tanti, sperimentato con la pasta madre, o, per usare un termine francese che mi piace, levain. Il motivo per cimentarsi nell'allevamento di lieviti cosiddetti "naturali" non è un'eventuale carenza di lievito di birra (ne ho una scorta generosa a casa!) ma piuttosto il gusto del pane, un gusto molto più elaborato e complesso, carico di aromi che si evolvono da un giorno all'altro (e il pane fatto col levain dura diversi giorni rimanendo perfettamente commestibile).

In giro ci sono migliaia di ricette per mettere su una coltura di levain, tutte diverse fra loro. Il che probabilmente dimostra che il dettaglio della ricetta non conta :-) e che se la farina deve fermentare fermenta e basta :-)

Una differenza chiave è l'idratazione. C'è chi fa una pasta madre piuttosto liquida, chi un levain molto più solido. Io, dopo vari esperimenti, ho avuto ottimi risultati con una pasta madre relativamente poco idratata, che ha anche il vantaggio di "evolvere" molto più lentamente, soprattutto se lo si fa vivere in frigo.

Vi sono alcune accortezze, fra cui quella di usare una farina giovane (una farina che è in dispensa da tre anni fermenterà molto meno facilmente), di non usare un contenitore appena uscito dalla lavastoviglie per "ospitare" la coltura, e di non pensare di far nascere la coltura in una cucina che avrete appena finito di pulire con la candeggina :-)

Con la ricetta qui descritta ho avuto un levain utilizzabile dopo 4 giorni.

Avrete bisogno di una ciotola in vetro o in metallo relativamente capiente (la mia è di acciaio, di una trentina di cm di diametro, ideale per quest'uso). Pesate la ciotola vuota, e scrivete il peso su un'etichetta adesiva che incollerete alla ciotola. Tornerà utile dopo!

Procedimento

Primo giorno

Mescolare nella ciotola 50 g di farina integrale e 150 g di farina forte, aggiungere 20 g di miele e impastare con 150 g di acqua a circa 35 gradi. L'impasto sarà piuttosto sodo. Lasciarlo scoperto per una o due ore, poi coprire la ciotola (io ho usato un coperchio di silicone, ideale per quest'uso) e lasciare per 48 ore in un posto relativamente tiepido, idealmente fra i 25 e i 30 gradi. Lasciatelo coperto e non andate a curiosare ogni ora :-)

Terzo giorno

Dopo 48 ore la fermentazione dovrebbe essere iniziata, aiutata sia dal miele che dalla farina integrale. Lo si vedrà da qualche bolla presente nell'impasto, in particolare al suo interno. A questo punto aggiungete nella ciotola 30 g di farina integrale, 280 g di farina forte, e 150 g d'acqua, mescolando bene in maniera da avere un'impasto omogeneo. Coprite e rimettete a riposare per altre 24 ore.

Quarto giorno

A questo punto serviranno solamente 200 g dell'impasto che avrà iniziato a fermentare. Il resto si può ovviamente gettar via (anche se spiace), oppure fare del lievito naturale liofilizzato (vedi sotto). Aggiungete ai 200 g di impasto 400 g di farina forte e 200 g d'acqua. Coprite e lasciate fermentare per altre 12 ore. A questo punto la fermentazione dovrebbe essere ben avviata, e sarà meglio rallentarla, mettendo la ciotola in frigorifero. Io la metto nel cassetto della verdura di un frigo regolato ad 8 gradi (ne ho due, l'altro è a 4 gradi per carni, pesce, etc.). Dopo due giorni (ovvero al sesto giorno) il fermento sarà maturo e pronto per essere usato. Non avete "urgenza" (a differenza di fermenti più liquidi e mantenuti a temperatura ambiente) di usarlo, e se invece che due giorni lo avrete lasciato in frigo 3 giorni (o anche fino a 4 o 5 giorni) non succederà nulla, eccetto che il gusto del fermento si evolverà, diventando un po' più acido.

Uso e rinfresco

Onde evitare di sprecare quantità significative di farina, io tengo, a regime, 150 g di fermento attivo, che "vive" in frigorifero a circa 8 gradi. Quando lo uso per panificare (o per fare altre preparazioni lievitate) lo rinfresco lasciandone metà (75 g) a cui unisco 25 g d'acqua e 50 di farina, riportandolo a 150 g in totale.

Il vantaggio di un fermento che sta in frigo è l'evoluzione lenta. Sarà necessario rinfrescarlo ogni quattro o cinque giorni, non più spesso. E un eventuale ritardo di un giorno non sarà una tragedia.