Non c'è dubbio che Ammaniti viva oramai in un mondo fantastico, in cui tutto è estremo, eccessivo, fuori dalla realtà ordinaria, un mondo in cui anche gli eventi più semplici assumono sfumature allo stesso tempo epiche e grottesche. E, non c'è dubbio che Amanniti sappia scrivere. Sa scrivere nel senso di possedere il dono di una scrittura scorrevole e lineare, fluida, che si legge con facilità, senza che mai il lettore abbia necessità di rallentare la propria lettura per domandarsi il senso di una frase o di una parola. Chi cerca una scrittura raffinata, ricca di parole ricercate, in cui ciascuna frase è cesellata e ricca di significati, farà bene a rivolgersi altrove. Per Ammaniti la scrittura sembra essere uno strumento per trasmettere una narrazione, non un qualcosa che (come in altri scrittori) ha valore in sé stessa. In un certo senso, Ammaniti descrive un mondo avventuroso degno di uno scrittore barocco, ma lo fa con una lingua da XXI secolo.

Con Anna, Ammaniti propone ai propri lettori una fiaba post-apocalittica, che differisce in maniera importante da molti suoi lavori precedenti. Normalmente il mondo di Ammaniti è inserito, incastonato, in una realtà contemporanea credibile, con i personaggi che vivono eventi grotteschi al margine di una società che continua a muoversi all'interno della propria normalità. In Anna, le regole sono in qualche modo invertite: l'intera struttura sociale è rivoluzionata, devastata, e in questo contesto le azioni della protagonista, la giovanissima e umanissima Anna, assumono il sapore della normalità e della ragionevolezza. E anche eventi apparentemente deliranti in cui Anna si trova coinvolta (o che Ammaniti narra come brevi episodi "collaterali") diventano credibili nel contesto dell'apocalisse sociale che fa da sfondo al libro.

Anna, con la propria protagonista attaccata alla vita, alla propria umanità, fatta di affetti e ragione, nonostante l'apparente regresso ad una condizione essenzialmente animale della società, trasmette un messaggio (forse inconsapevole) di speranza. Di come anche in mezzo alla disumanizzazione più imperante, si può essere umani. La narrazione di Ammaniti si inserisce in una tradizione di narrazioni post-apocalittiche e distopiche, e in particolare di "società di bambini" (viene in mente, ad esempio, Il signore delle mosche), ma non c'è dubbio che Ammaniti mantiene una propria caratterizzazione inconfondibile.

Una nota finale: ho iniziato Anna avendo appena terminato The viral storm, un serio studio scientifico della vulnerabilità della specie umana a infezioni (virali e non) e in particolare a pandemie globali. Non sapevo quale fosse la trama di Anna, l'ho acquistato perché in genere mi piace Ammaniti, però mi sono ritrovato a leggere la narrazione (ben scritta) degli effetti di una pandemia globale dopo averne appena "studiato" le basi scientifiche, e ho ancor più apprezzato la mancanza di "effetti speciali" di Ammaniti. Ovvero, ho apprezzato come ciò che Ammaniti racconta potrebbe succedere. Anche domani.