Enrico Deaglio è senza dubbio uno dei migliori giornalisti investigativi italiani, nonché grande conoscitore delle cose di mafia. Il suo "Raccolto Rosso" rimane a mio avviso il miglior resoconto di ciò che accadde -- e di perché accadde -- durante la guerra civile che insanguinò Cosa Nostra negli anni '80. Più recentemente Deaglio ha iniziato ad interessarsi delle vicende degli emigrati italiani negli USA, come mostrato dal suo precedente libro pubblicato da Sellerrio, che ha meritato una recensione molto positiva da parte della prestigiosa "New York Review".

"La zia Irene e l'anarchico Tresca" è in gran parte la narrazione delle vicende dell'anarchico Carlo Tresca, personaggio pressocché sconosciuto in Italia ma che ebbe, come si scopre leggendo questo libro, un ruolo importante nella comunità italo-americana fra le due guerre mondiali. Leggendo il libro il lettore scopre un turbinio di connessioni fra personaggi disparati, alcuni affascinanti ed avventurosi come Tina Modotti, altri loschi e ben noti come Lucky Luciano e Carmine Galante, altri ancora loschi ma meno noti come Fortunato Pope, con un'intreccio che arriva fino a Sindona e al delitto Moro.

La narrazione storica è informata e chiaramente basata su ricerche dettagliate, nonché su una conoscenza solida dell'argomento, ed è risultata, almeno per me, di grande interesse. Il problema è che il saggio storico è inserito all'interno di un soit disant giallo, con l'invenzione narrativa di una zia che lavorava nei servizi e che lascia una misteriosa valigia in eredità al nipote (che risponde all'improbabile nome di Marcello Eucaliptus), a cui un gruppetto di agenti pensionati dà un poco chiaro incarico che costituisce la scusa a cui agganciare la storia di Tresca.

Mentre però la vicenda di Tresca è affascinante (e vera) la narrazione della storia di Eucaliptus è tessuta male, e risulta di scarso interesse. Il posizionamento della storia in un futuro prossimo ma apocalittico, distopico, è artificioso e privo di rilevanza, e la storia alla fine è poco più che una scusa per inserire nella narrazione della vicenda di Tresca alcune ipotesi speculative, interessanti ancorché non documentate.

Non risulta chiaro perché Deaglio abbia voluto prodursi in un tale esercizio, liddove la sua storia dell'anarchico Tresca sarebbe risultata interessante in sé stessa, se scritta nello spirito dei suoi precedenti saggi. L'esercizio di ibridazione saggio-narrativa risulta invece artificioso e poco credibile. Ed è un peccato, perché la storia di Tresca e di tutti i personaggi che gli ruotano attorno è davvero affascinante, e merita di essere narrata e conosciuta.