L'idea di un romanzo a molte mani, di una narrazione in cui ogni capitolo è scritto da una mano diversa, che però segue un unico filo conduttore, un unico tema, può dare risultati molto gradevoli, come dimostrato, per restare nell'ambito dei narratori palermitani, il gradevole "Palermo criminale". E quindi l'idea di questo libretto, il cui filo conduttore dovrebbe essere una mostra che si tiene al Teatro Massimo, mi aveva dunque incuriosito.

Peccato che il risultato sia francamente mediocre, sia per la mancanza di un filo conduttore davvero unificante (la mostra al Teatro Massimo si dimostra un filo fragile e spesso spezzato), sia per la qualità molto eterogenea dei contributi. Si ha la sensazione che sia mancato un vero curatore del progetto, un responsabile editoriale che abbia guidato gli autori e più in generale l'opera.

Con il risultato di un libro dimenticabile. Di nuovo, peccato, l'idea era buona, e qualcuno dei capitoli è anche gradevole in particolare il primo, in cui si parla di un professore il cui opus magnum risulta identico ad un libro pubblicato anni e anni prima. Questo fatto curioso (sembra che il professore non abbia plagiato l'opera) viene ripreso a tratti nei capitoli, e sarebbe potuto essere un ottimo filo conduttore, ma, di nuovo, anche questo si sfilaccia, lasciando i vari capitoli privi di un legame che sarebbe indispensabile in un'opera così concepita.